Hunger Games nella visione di una società passiva. Quanto l’uomo è assuefatto e anestetizzato davanti ad una tragedia?

Probabilmente da quando sono nate le comunità, l’uomo ha sempre cercato di dominare gli altri, di tirare le redini del gioco a suo piacimento. L’uomo ama la sensazione di potere e cerca di sottomettere i suoi simili, forse per sentirsi più forte o probabilmente solo per sopravvivere.

Dopotutto la legge del più forte è la stessa legge che prevale anche in natura!

 

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Romanzo o realtà?

In Hunger Games ci viene mostrato un mondo disperato e tragico, un mondo pieno di drammi che spostano i pensieri dei lettori verso qualcosa che si pensa sia lontano da noi.

L’autrice Suzanne Collins, a differenza di quanto si pensa, pare sia stata ispirata dalla realtà e non da un mondo così tanto lontano. Si è basata sulla storia e ci ha mostrato un ipotetico futuro.

L’autrice ha dichiarato che l’idea è nata facendo zapping in tv, ma ciò che smosse la sua creatività fu proprio un reportage di suo padre sulla guerra in Vietnam.

Ci ritroviamo ancora oggi in una società abituata al dolore, alla sofferenza e alla violenza in genere. Siamo abituati tra l’altro a rivedere tutto questo attraverso gli occhi della tv e dei social. Ci sentiamo lontani da ciò che accade e da ciò che l’autrice ci illustra nel suo romanzo, ma è davvero così?

zappingFacciamo in modo che gli avvenimenti ci scivolino addosso come se quello che succede lontano da noi non ci toccherà mai. Siamo capaci di fare zapping in tv passando da un telegiornale che parla della guerra in un posto reale ad un programma comico. Siamo capaci di tapparci gli occhi come fanno gli abitanti di Panem eppure ci reputiamo diversi, ma lo siamo davvero?

Capitol City nella storia

Leggendo la saga ci siamo imbattuti in scene che potremmo tranquillamente paragonare alla storia e al mondo attuale. Vediamo quali.

spartacoPartendo da lontano, un esempio molto simile ad Hunger Games lo abbiamo pensando ai Gladiatori e ai combattimenti che avvenivano nel Colosseo. Personaggi più facoltosi offrivano al popolo, a proprie spese, pubblici spettacoli in occasione di particolari circostanze, come per esempio duelli all’ultimo sangue fra schiavi.

Sinceramente, i nostri antenati non mi sembrano qualcosa di cui vantarsi granchè. Voglio dire, basta guardare lo stato in cui ci hanno lasciati, con le guerre e il pianeta in rovina. E’ evidente che non gli importava di quello che sarebbe successo a chi sarebbe venuto dopo di loro.

Nel presente invece possiamo pensare alla Corrida che viene trasmessa in televisione come se fosse uno spettacolo di puro intrattenimento acquisendo un’importanza sociale fuori dal comune. Invece di cosa si tratta? Di una mattanza di uomini e animali che si uccidono a vicenda.

Un terzo esempio è l’Isola dei Famosi o altri reality show dello stesso genere, dove i concorrenti sono sotto i riflettori 24h e devono cercare di arraffarsi come meglio possono quella scodella di riso, un cocco o qualcosa che arriva dalla direzione. Noi siamo meglio degli abitanti benestanti di Capitol City? Noi siamo migliori o siamo quelli che restano in poltrona a guardare ciò che gli strateghi ci propinano?

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Società attive e passive

Possiamo affermare che all’interno della società sono sempre esistite, a mio avviso, parti attive e passive. La popolazione si è sempre suddivisa in due fazioni: chi impone le proprie leggi e chi le deve eseguire, chi impone le sue regole con la forza e chi le deve rispettare.

In Hunger Games notiamo che la società attiva è quella che gestisce, comanda e vive nel lusso più sfrenato. Quest’ultima si ritrova ad oziare e ad avere troppo tempo libero da gestire.  Ma cosa fanno per lottare contro la noia? Creano scommesse per un reality show violento a cui pian piano i ricchi si affezionano.

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I pomposi cittadini di Capitol City li vediamo piangere e commuoversi per alcuni avvenimenti, mentre per altri ridono e incitano i loro “tributi” preferiti, senza pensare che quel gioco è fatto di persone vere, fatte di carne e di sentimenti.

La parte ricca della società però ignora che la loro ricchezza si basa principalmente sul lavoro dei distretti.

Il loro divertimento proviene dalla parte passiva della società, quella che ubbidisce in silenzio, che si è abituata ai soprusi e si accontenta delle briciole.

Con società passiva descriviamo così un gruppo di persone apparentemente fredde, che mettono da parte i propri sentimenti, i propri voleri per timore e accettano con rassegnazione i doveri imposti dall’alto.

La parte passiva è quella che si è assuefatta a certe abitudini, tra cui quella più pesante da mandare giù: lasciar andare i propri cari nell’arena, senza contestare, senza batter ciglio e con la consapevolezza che non ritorneranno. Questo è il posto in cui se vuoi restare vivo bisogna saper rinunciare a tutto ciò che ti rende Uomo.

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Dall’altro lato c’è il dramma dei sorteggiati che sanno di doversi allontanare dalla propria vita e dai propri affetti. Sono ragazzi che si trasformano in “Tributi” consapevoli di non far più ritorno e di doversi sacrificare per un bene comune.

Con Hunger Games abbiamo davanti gli occhi proprio questo scenario. Veniamo catapultati da subito in questo mondo fatto di persone che comandano e persone che subiscono, come se quest’ultime fossero anestetizzate o incapaci di poter scegliere per sè altre strade da percorrere.

C’è un’alternativa alla tragedia?

All’interno di una società così codificata e assoggettata non c’è spazio per coloro che cercano un’alternativa. Qualunque altra opzione è esclusa, compresa la rivolta che inizialmente portò le autorità a sottomettere con la paura, l’intero popolo, ormai suddiviso in distretti.

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Tra l’altro per ricordare che le rivolte sono controproducenti, cosa si è inventato chi detiene il potere? “Il giorno della Mietitura”

Questa giornata e ciò che ne consegue è un orrore oltre che un errore, ma intorno ad essa si è instaurata una sorta di dipendenza. Perché?

Capitol City è il centro della vita, dove l’alta società osserva le tragedie da lontano. I distretti più lontani invece le tragedie le vive ogni giorno. Ognuno accetta il suo posto nella società, abituati da sempre a svolgere il proprio compito e ognuno prende solo quello che è stato deciso per loro.

 

Gale ha ragione. Se la gente ha coraggio, questa potrebbe essere un’opportunità. E ha ragione nel dire che, visto che sono stata io ad avviare tutto, potrei fare davvero tanto. Anche se non ho idea di cosa dovrebbe essere, quel “tanto”. Ma decidere di non scappare è un primo passo essenziale.

 

Tutti risultano marionette manovrate da pochi fili, ma cosa succede se qualcuno si sveglia da questo torpore e cerca di cambiare le cose?

Attualmente noi quanto ci possiamo ritenere pronti ad un cambiamento? siamo pronti davvero ad accollarci la consapevolezza dei nostri errori e di portare avanti un mondo migliore?

Una piccola scintilla può far risvegliare un mondo intorpidito e abbassare i paraocchi di chi guarda gli avvenimenti soltanto da lontano. E tutto questo può voler dire soltanto una cosa: cambiamento!

 

Siamo creature stupide e incostanti, con la memoria corta e un grandissimo talento per l’autodistruzione. Anche se… chissà, magari questa sarà la volta buona, Katniss.

 

Spero di non avervi annoiati troppo con questo lungo articolo e vi ricordo le prossime tappe:

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